
Giovedì 15 dicembre, ore 17.30
Livorno – Libreria Erasmo, via degli Avvalorati, 62
Antonio Celano presenta
Daniela Marcheschi
Il naso corto
Una rilettura delle Avventure di Pinocchio
EDIZIONI EDB
“Com’ero buffo, quand’ero un burattino! E come ora son contento di esser diventato un bambino per bene!...” Dunque, alzi la mano chi ha davvero amato il capitolo finale delle Avventure di Pinocchio, dove il protagonista – dopo essere stato vegetale (legno) e animale (ciuchino) – diventa “un bambino per bene” in carne e ossa. Dopo un intero racconto di marachelle e avventure, il finale si spegne in modo moralistico e sciapo. Ma Collodi intendeva davvero questo? Oppure nella sua scrittura c’è qualche indizio che ci porta a pensare a una burla dell’autore nei confronti dei lettori?
Ne parleranno giovedì 15 dicembre, alle ore 17.30, alla libreria Erasmo, via degli Avvalorati, 62, Antonio Celano e Daniela Marcheschi, autrice del saggio “Il naso corto. Una rilettura delle Avventure di Pinocchio” (Bologna, EDB, 2016).
Daniela Marcheschi è docente e studiosa di letteratura italiana e scandinava. Ha curato i «Meridiani» Mondadori delle opere di Carlo Collodi, di cui dirige l’Edizione nazionale. È autrice di saggi tradotti in molte lingue.
Il libro – Collodi chiude Le Avventure di Pinocchio – aperte nel segno ironico di un «pezzo di legno» che parla – con uno sberleffo ancora più squillante: il ragazzino ex-burattino si vanta di essere «perbene», rischiando di diventare un borghesuccio pago delle sue conquiste. Collodi si prende gioco della sua presunzione, utilizzando la punteggiatura (il punto esclamativo e i puntini di sospensione finali, sempre adoperati dall’autore quando intende satireggiare i propri personaggi) e l’espressione «con grandissima compiacenza», che egli usa in chiave ironico-satirica in migliaia di articoli giornalistici. Una strizzatina d’occhio, insomma, per avvisare il lettore che il finale della storia è diverso da come sembra. Le Avventure di Pinocchio si aprono dunque nel segno del comico, per chiudersi nello stesso segno – l’irrisione del ragazzino compiaciuto di sé – con perfetta simmetria. Pinocchio non può diventare «perbene», perché tradirebbe il compito che ne contrassegna il destino vitale e dinamico: tener vigile la propria coscienza a costo di risultare perennemente irriverente.