160 e lode il bomber livornese che non amava il calcio

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Che messaggio invieresti a quei centocinquantamila bambini che ogni anno si accostano al pallone e dei quali solo lo 0,2 per mille, stando alle statistiche ufficiali, arriverà al professionismo?

 

“Di mettere al servizio della loro passione il massimo impegno, la massima determinazione, la massima umiltà nell’apprendere, il massimo sacrificio e la massima serietà. Senza questa disponibilità a soffrire, anche il ragazzino più dotato è destinato a perdersi per strada. Chi invece avrà seguito questo indirizzo, anche se non avrà avuto l’opportunità, la fortuna o le doti tecniche per arrivare ai vertici, si sarà comunque tolto tante soddisfazioni, avrà vissuto in un ambiente sano, avrà stretto tante amicizie, avrà assimilato il gusto e l’importanza dello spirito di gruppo, avrà capito che nello sport come nella vita senza sacrificio non si raggiungono risultati e avrà comunque in seguito e in parte realizzato il suo sogno”

Valberto Miliani

Valberto Miliani, toscano dell'isola d'Elba, ha trascorso quasi metà della sua vita professionale alla direzione dell'Ufficio Stampa dell'Inter e del mensile "Inter Football club", ha voluto dedicare (dopo "Armando Picchi uomo e campione", "Altobelli gol", "Walter Zenga n°1", "Matthaus campione del mondo", "Paolo Bergamo, sono morto una notte di luglio") un nuovo libro di sport a Michael Pellegrini bomber del CastelBadie), federalmente tesserato come dilettante, ma in effetti splendido professionista. "Con questo libro",  dice Miliani "non ho inteso mitizzare un personaggio, ma solo fotografarlo fedelmente in tutte le sue sfaccettature per mescolare una goccia di profumo al mare, troppo spesso maleodorante, del nostro calcio".
... lui che è un evidente purosangue, morfologicamente e tecnicamente costruito per lo scatto, per l'uno due e il dribbling secco che manda lo stopper a bere il ponce. Non sdegna di andare a raccattare palloni sporchi nelle pozzanghere, e rigiocarli con rassegnata pazienza... Se i centravanti e gli operai ormai si intravedono solo con un buon binocolo in qualche oasi del Wwf, figuriamoci i centravanti-operai. Negli ultimi vent'anni, che io mi ricordi, c'è stato solo quel Riccardo Zampagna che da ragazzo faceva il tappezziere a Terni, poi ha girato e fatto gol in mezza Italia e una volta è rimasto famoso perché venne a Livorno da avversario -mi pare col Messina- e salutò la curva nord a pugno chiuso scatenando un mucchio delle solite polemiche cretine. Un tempo non era così, i centravanti-lavoratori erano quasi la norma: perfino il citato Piola quando era bimbo tagliava le pezze nella sartoria di famiglia, lo stesso Peppino Meazza aiutava la mamma "verduratta" a scaricare i carciofi e i poponi di Viadana al mercato; per non parlare di Gigi Riva apprendista meccanico in un'officina di Leggiuno, e così ho citato tanto per gradire i tre più grandi attaccanti del calcio italiano. Ma oggi le cose vanno assai diversamente, un ragazzotto che abbia segnato un terzo dei gol in carriera di Pellegrini generalmente non coltiva altro pensiero che quello di campare di beata ignoranza e prepotenza fra Suv, scarpe firmate e discoteche, altro che trapano e cartongesso: e basterebbe questo per dire che l'amico Valberto Miliani ha fatto bene a dedicargli questo bel libro, i personaggi rari vanno presi al volo. Dall'introduzione di Federico Buti