Gigi Bici, storie con bambini

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Descrizione

Filippo non vede l’ora di andare da Gigi ad aggiustare la sua bici.
Anna, invece, sogna ad occhi aperti di giocare con Matteo, il suo bambolotto preferito.
E i compiti? Per fortuna c’è la maestra Renata che insegna la matematica… giocando! Poi c’è la nonnina che cucina un sacco di cose buone. Lei è unica, ad Alessio le sue parole tornano in mente ogni volta che
gioca a nascondino.
Ci voleva una bella girata al parco per fare nuove amicizie e vivere attimi di paura che poi si sciolgono e ci fanno sentire fresche emozioni dal profumo di limoni.
Sono racconti che parlano di bambini che giocano, corrono, ridono, piangono, e vogliono vivere il loro tempo come la cosa più bella che hanno, per condividerlo con le persone che più amano: genitori, nonni e amici che producono parole e azioni. Martin Buber diceva che “l’uomo e il bambino vogliono produrre cose; e ciò che importa è che per mezzo dell’azione propria, intensamente sentita, nasca qualcosa che prima, un momento prima, ancora non esisteva”. Ecco che, come scrive Walter Giubbilini nella prefazione, “il lieve fluire del racconto ci porta a sentire i desideri e i sentimenti di quel mondo di bambino dove gioco, affetti, fantasia e realtà si abbracciano così stretti da divenire un’unica, complessa esperienza di vita”.
I racconti di Gigi Bici sono appunto storie, esperienze dell’infanzia e della prima adolescenza, età dove l’incontro con l’altro getta le fondamenta del carattere e in parte del destino di ognuno.

Gianluca Giunchiglia

Gianluca Giunchiglia è psicopedagogista, dipendente della Fondazione “Stella Maris” di Calambrone (Pisa). Con il romanzo breve “Lungo la ferrovia” è al suo esordio in narrativa, vincitore di tre Premi Menzione Speciale: il Premio Internazionale “S.Margherita Ligure – Franco Delpino”, il Premio “Emozioni d’inchiostro” delle Edizioni Laruffa di Reggio Calabria, e il Premio “Viareggio Carnevale”.
Prefazione a “Gigi Bici” “Gigi è un signore che accomoda le biciclette di tutti i tipi, per le mamme, i babbi, e i bimbi come me ... Gigi è troppo forte. Spero un giorno di diventare come lui, ...”, sembra proprio di sentir parlare un bambino! Sì, leggendo la prima storia ho immaginato che fosse Filippo, il protagonista, a raccontarmela. Filippo mi è subito venuto incontro, sulla sua bici, felice di correre senza forzare sui pedali e con le gambe aperte a mostrare che la gioia mette le ali. Almeno è così che l’ho immaginato, sicuramente contaminato dalla prima illustrazione, ma forse non l’avrei potuto pensare diversamente. Infatti c’avrei giurato che era biondo: “... sono biondo e piccolino, e gli sembro un canarino, di quelli col pelo giallo ...”; - pelo? Forse volevi dire “piume”! – penso tra me e me, seguendo un dialogo immaginario con Filippo, che mi ignora e prosegue il racconto. A lui interessano solo le esperienze e gli affetti che lo legano alle persone del suo mondo, un mondo semplice di bambino, l’appropriatezza del linguaggio verrà, arriverà il tempo in cui sacrificare l’ingenua freschezza. Così lo sguardo continua a scorrere sulle righe, incontra la seconda storia, “Bambole”, e mi accorgo che, dopo poche parole, la voce narrante, dentro di me, non è più la stessa. Adesso è quella conosciuta di Gianluca, l’autore, che mi accompagna nella lettura. Attraverso il suo narrare comincio a conoscere Marta, la protagonista, il delizioso disegno che accompagna le parole mi aiuta ad immaginarla su quell’autobus, dopo la scuola e prima dei suoi importanti compiti di “mamma”. Il lieve fluire del racconto mi porta a sentire i desideri e i sentimenti di quel mondo di bambina dove gioco, affetti, fantasia e realtà si abbracciano così stretti da divenire un'unica, complessa esperienza di vita. Mi fermo a riflettere. Mi fa piacere lasciarmi trascinare in queste dimensioni! D’un tratto ricordo la mia infanzia e quella dei miei figli. Quando c’è di mezzo un bambino le esperienze sono sempre particolarmente fresche, leggere, anche quando sono ombreggiate dal dolore. E non importa chi sia quel bambino: incontrato per caso, un figlio o un nipote. In realtà è sempre fondamentalmente lo stesso, è il bambino che siamo stati e che ancora ci accompagna, se gli permettiamo di restare presente dentro di noi a colorare di emozioni la vita. Così penso che tutti questi bambini che popolano le storie di Gianluca Giunchiglia siano fondamentalmente il bambino che è stato e che ancora alberga in lui. Questo mi spiega la magia che fa attraversare la carta stampata e proietta il lettore nel cuore dei protagonisti: Filippo, Marta, il nipote, gli scolari, Alessio, Tommaso e i loro amici. Questa è anche la vera arte pedagogica, che, al di là dei saperi e delle competenze, permette di creare un ponte che accoglie il bambino nel mondo bambino dell’adulto, così da permettere una relazione che sia terreno fertile per la crescita. Questo è anche, a mio avviso, il valore centrale di questi racconti, non “pensati per i bambini”, ma suscitati dall’incontro con i bambini. Storie nate dalla capacità dell’autore non solo di entrare in relazione, ma di fantasticare su queste relazioni, capacità di rêverie, direbbe Bion, ovvero come offrire il mondo ad un bambino perché possa nutrirsene. ... e ora che ho terminato di sfogliare queste pagine? Mi piacerebbe trovarmi con dei bambini con cui rileggere queste storie! Walter Giubbilini