Arianna Obinu
Quest’opera è il frutto di un progetto di ricerca nato da un senso di vuoto.Come spesso avviene, è l’assenza di qualcosa a scatenarne il bisogno. Nel caso specifico, la mancanza di informazione e comunicazione cristallina riguardo al fenomeno della harga (emigrazione clandestina) degli algerini verso le coste sud occidentali sarde, ha determinato un’intima esigenza di chiarezza, studio e divulgazione del fenomeno, delle sue cause e delle sue ripercussioni in Sardegna come in Algeria.
Dopo cinque anni di familiarizzazione con gli sbarchi dei giovani migranti algerini, quest’opera si inserisce nel dibattito sul tema più generale delle migrazioni internazionali, come tentativo di riflessione e fuga dalla frettolosità quotidiana che ci insegue e di cui noi, a nostra insaputa, ci facciamo scudo, quasi a non volerci soffermare sul significato degli eventi ma, piuttosto, limitandoci a volarci sopra con volo leggero e distaccato, presi come siamo dalle contingenze e dalle sfide già di per sé oberanti del quotidiano. Eppure c’è più che mai bisogno di pensare e capire a fondo i fenomeni che viviamo e a cui assistiamo in quest’epoca di rincorsa e ricorso al successo, alla tecnologia e ai legami sociali sfuggenti o virtuali. Questo lavoro vuole porre l’attenzione sugli algerini e sull’Algeria, Paese dai tanti volti che ci guarda, così vicina alla nostra isola, dall’altro marciapiede di quella strada posta tra Africa ed Europa, e battuta nei secoli da viaggiatori, mercanti, corsari, coloni e migranti, che è il mar Mediterraneo occidentale, spazio simbolico e gioco forza politico di una prossimità che va trasformandosi, onda dopo onda, in lontananza, barriera ed esclusione. È dunque il racconto, a tratti tecnico e a tratti discorsivo, delle molte traversate nel mar Bianco per iniziare ad usare un’etero-definizione di derivazione araba , non a bordo di una nave da crociera, ma di una barca in vetroresina. Non con intenti vacanzieri, ma con un desiderio di cambiamento nell’animo. Non a cuor leggero, ma ben consapevoli che quello potrebbe essere l’ultimo viaggio.
Cagliari, maggio 2012