Descrizione
Il Jazz livornese esiste. E’ un vernacolo, un accento, una sfumatura, non un dialetto, una lingua né un genere: nel Jazz è del tutto normale che chi lo fa ci aggiunga del suo, come nelle ricette del cacciucco. Ha tratti spiccatamente cosmopoliti, come tutto il Jazz, sempre; risente di influenze varie, è appassionato e ironico, contemporaneo e curioso, amante del vecchio e swingante ma anche aperto a tutte le forme del ‘900. E’ colto eppure a tratti selvaggio, è “tanto” ed è “vivo”… e ha a che fare con i pirati!
Per qualcuno si è incominciato ad ascoltare e suonare il Jazz a Livorno quando, durante la seconda guerra mondiale, arrivarono gli americani. Punto e basta.
In realtà ciò è vero solo in parte: basta andare a leggere qualche giornale degli anni trenta, cercare qua e là ricordi e aneddoti tramandati dai nonni ai figli e guardare qualche foto scolorita in bianco e nero di Jazz Band livornesi d’epoca per scoprire – sorpresa! – che a Livorno il Jazz qualcuno ha incominciato a suonarlo o semplicemente ascoltarlo già nei primi del Novecento con le bande musicali cittadine, parrocchiali e di quartiere che assunsero il ruolo di vere e proprie scuole di musica, o anche dopo aver potuto vedere e sentire dal vivo alcune orchestre americane come quella del ballerino Harry Fleming che si esibì a Livorno nel 1933.
Livorno e il Jazz, quindi, e un libro per raccontare un periodo lungo un secolo, dai primi del Novecento a oggi, in cui si sviluppa in alcuni musicisti livornesi la passione per il Jazz e per quella che agli inizi del Novecento e fino agli anni cinquanta era musica americana.
Nel libro sono scritte alcune storie di musicisti, frammenti di vite intensamente vissute, racchiuse in episodi veri che a volte appaiono perfino fantasiosi.
Ci sono luoghi dove per una serie di circostanze il Jazz sembra trovare maggiore accoglienza. Livorno è uno di questi, forse perché ha un porto con navi e merci che da centinaia di anni vanno e vengono da paesi e continenti lontani, con rapporti commerciali storici con l’America, e, proprio perché città-porto, Livorno è aperta a nuove idee, costumi e messaggi musicali. Così è stato per il Jazz.
Raccontare, quindi, la storia del Jazz livornese per raccontare da un punto di vista particolare, quello musicale, la storia della città ma anche con lo scopo di far conoscere il Jazz a un pubblico più numeroso: perché sia amato e sostenuto maggiormente.
L’idea del libro è scaturita dopo un casuale incontro tra Maurizio Mini, giornalista pubblicista, e Andrea Pellegrini, musicista Jazz e autore di una tesi su Il Jazz Livornese, storie, origini, autori, tradizioni, direzioni.
Una vera e propria jam session, come si conviene per l’argomento trattato, cui ha partecipato anche Silvia Pierini, giornalista e autrice di una interessante ricerca su La Storia del Jazz a Livorno nel periodo che va dagli anni cinquanta agli inizi del 2000.