Alfredo Bini, ospite inatteso

7 Aprile 2016 • • Views: 887

Giovedì 7 aprile, ore 21.30
Livorno – Centro Artistico il Grattacielo, via del Platano, 6
per la rassegna
“Sguardi Perduti”
a cura del Circolo del Cinema Kinoglaz e Centro Artistico il Grattacielo, in collaborazione con l’Associazione culturale “Franco Ferrucci”
ALFREDO BINI, OSPITE INATTESO
regia di Simone Isola

Giovedì 7 aprile, per la rassegna “SGUARDI PERDUTI”, a cura del Circolo del Cinema Kinoglaz e Centro Artistico il Grattacielo in collaborazione con l’Associazione culturale “Franco Ferrucci”, sarà proiettato alle ore 21.30, il documentario “Alfredo Bini, ospite inatteso” (Italia 2015 – 83 minuti), regia di Simone Isola, con Valerio Mastrandrea, Claudia Cardinale, Gianni Biasich, Giuseppe Simonelli, Bernardo Bertolucci.
Con questo documentario i curatori intendono ricordare il livornese Alfredo Bini (Livorno 1926 – Tarquinia 2010) produttore cinematografico coraggioso e innovativo, che legò il suo nome a quello del regista Pier Paolo Pasolini.
Il documentario è stato presentato all’ultima edizione di Festival del Cinema di Venezia nella Sezione Venezia Classici e si è aggiudicato il Nastro speciale 2015 come il migliore documentario dell’anno (assieme a Bella e perduta di Pietro Marcello – anche questo proiettato nella rassegna Sguardi perduti il prossimo 12 maggio).
Simone Isola, produttore con la sua Kimerafilm di pellicole indipendenti come La mia classe di Daniele Gaglianone e Non essere cattivo di Claudio Caligari, decide di realizzare un documentario per raccontare la storia di un uomo che ha letteralmente fatto il cinema italiano e che merita di essere conosciuto e riscoperto. Nasce così, Alfredo Bini, ospite inatteso, presentato alla Sezione Venezia Classici e prodotto dalla Axelotil di Gianluca Arcopinto, dall’Istituto Luce Cinecittà e dalla stessa Kimerafilm.
Eccoci trasportati in un viaggio della memoria fatto dei ricordi di chi con Bini ha lavorato e ha condiviso anni appassionati, da Bernardo Bertolucci a Claudia Cardinale, da Ugo Gregoretti a Giuliano Montaldo. In mezzo le parole commoventi di Simonelli che ricorda il produttore, aprendo le porte della piccola casa di Bini, fatta di foto e cimeli, costruita proprio dall’amico inaspettato.
Tramite immagini, interviste e frammenti di cinegiornali, Isola dà voce a Bini stesso, facendogli raccontare in prima persona la sua avventura umana e cinematografica, accompagnando la narrazione con la lettura di sue memorie autobiografiche affidate a Valerio Mastandrea. Quello che ne consegue è il ritratto di un uomo audace come le sue scelte lavorative, un produttore consapevole ma spinto da una sana incoscienza che gli permise di infischiarsene della censura e guardare dritto, regalandoci pellicole meravigliose come Il Bell’Antonio di Mauro Bolognini, tratto dal romanzo di Vitaliano Brancati, che destò scandalo perché “un siciliano impotente non poteva esistere” come ricorda la Cardinale, o Accattone, debutto cinematografico di Pier Paolo Pasolini, che tanto deve ad Alfredo Bini e con il quale collaborò, tra censure e querele, fino al 1966 con Edipo Re.
Autoironico e pungente, da buon livornese, Alfredo Bini, conscio del suo lavoro innovativo scrive di suo pugno, tra gioco e verità, la canzone che apre i titoli di testa di Uccellacci e Uccellini, affidando le musiche a Ennio Morricone e la voce a Domenico Modugno, che alla fine intona “Producendo rischiò la sua posizione Alfredo Bini. Dirigendo rischiò la reputazione Pier Paolo Pasolini”.
“L’arte del cinema è l’arte del trovare i soldi per fare il cinema”. Esordisce così nel documentario un Bernardo Bertolucci pronto a far riaffiorare i ricordi di un cinema che non c’è più e che deve molto al coraggio e all’incoscienza di Alfredo Bini, produttore lungimirante, capace di scandalizzare l’Italietta borghese del dopoguerra con pellicole attanagliate dalla censura per quei contenuti considerati troppo audaci.
Dopo tanto clamore e fama, però, i riflettori su Bini si sono lentamente abbassati e quello stesso mondo di celluloide che tanto gli doveva gli voltò le spalle, lasciandolo solo con i ricordi e qualche premio impolverato. Così Bini, in difficoltà economiche, ma senza mai perdere quella dignità di uomo distinto e ironico, si ritrova un giorno davanti al Motel Magic, albergo a tre stelle con vista su una stazione di benzina a Montalto di Castro, nel viterbese, per chiedere una breve ospitalità al suo proprietario, Giuseppe Simonelli. Quella manciata di giorni diventano dieci anni e quella conoscenza fugace diventa un’amicizia profonda, la famiglia che non aveva più e alla quale affida i ricordi di una vita passata sui set, tra Mamma Roma e Il Vangelo secondo Matteo.

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