Come il primo bene

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Descrizione

Arrivai urlando, in manicomio. Non credo, del resto, ci sia modo diverso per entrarvi, a meno che il cervello non sia già una frittata informe e la bocca si adegui al silenzio prima ancora che ci pensi qualcun altro a tapparla. Arrivai urlando e, più che un grido, mi pareva di produrre un guaito perché le cinghie mi costringevano i polsi al ferro e avevo ancora negli occhi la faccia di Candida, la sua espressione di terrore che avevo intravisto affiorare dal gabbiotto della portineria. E poi Pietro, anche lui, mi sembrava ancora di vederlo piangere e biascicare che non c’era altra maniera, che quella era, in quel momento, l’unica cosa da fare.

Mi sedarono dopo poco, seguendo una prassi che non lasciava scampo e fu così che cessò l’urlo, quel guaito inarrestabile che mi risaliva dalle viscere.

Non mi aspettavo di vedere il corpo, dopo. Non mi aspettavo niente. Ma attorno è così. Una distesa piatta.
Sposto gli occhi da me che sono a terra, se terra può chiamarsi questo fondale sterminato e lontano, se di lontananza, qui, si può ancora dire.
Vedo Lillina che mi guarda. Agita una mano. Mi fa segno di seguirla. Dal polso, che tiene alto sulla testa, zampilla del sangue che sembra quasi una pioggerella fina.

Piera Ventre

Nata a Napoli, Piera Ventre vive e lavora a Livorno come logopedista e assistente alla comunicazione. Ha pubblicato la raccolta di racconti Alisei (Edizioni Erasmo) che ha ricevuto una segnalazione di merito al Premio Fucini 2011. Da grande sogna di continuare a fare la scrittrice.