Ritorno alla natura. Biodiversità e progresso

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Il 6 dicembre 2011 si è “festeggiato” (per modo di dire…) il compleanno della Legge Quadro sulle Aree Protette (L. 394/91), ricorrenza che rischia di essere infausta: 10 anni di attività, di studio e di lotta per cercare di raggiungere un modello di pianificazione “intelligente” del territorio che travalichi i confini amministrativi, che superi le vetuste mentalità di svendita del territorio, che si allinei con le efficienti modalità di gestione di molti paesi “lungimiranti” dell’Unione Europea e oltre.

Convenzioni internazionali e normative comunitarie sempre più volte ad indirizzare e a dare strumenti concreti per una pianificazione ambientale sostenibile anche dal punto di vista economico (!) e ricorrenze internazionali sempre più volte alla divulgazione, alla sensibilizzazione e alla partecipazione dei cittadini che sono i primi “attori” del proprio territorio, in qualità di “cittadini dei parchi”.

Eppure in Italia, o quantomeno “dalle nostre parti”, non appena si inizia a proporre, o comunque, non appena diventa necessaria una progettazione relativa ad aree protette che implichi un benché minimo investimento, subito si adduce la banale, generica (e comoda?) motivazione della crisi economica e addirittura si additano i fondi “già spesi” (già il verbo la dice lunga…. fondi “spesi” e non “investiti”…) per la gestione delle aree protette.

Peccato che allargando un po’ lo sguardo verso l’Europa emerga una differente capacità di intercettazione, di progettazione e di risultato in funzione delle risorse comunitarie a disposizione che vengono regolarmente “investite” nelle aree protette (e non “spese”) o comunque in interventi di riqualificazione ambientale e di sponsorizzazione della nascita di nuove attività improntate all’ecosostenibilità, fonte di aria nuova per gli ultimi angoli ancora “più o meno naturali” del nostro territorio.

Ed è percepibile un sentire comune presente tra molti cittadini, non necessariamente identificabili con il semplicistico bollino dei “soliti ambientalisti”, che hanno voglia di fare rete, di scambiare saperi ed esperienze, di condividere idee e convinzioni, di agire in concreto a partire dal proprio piccolo territorio, facendo sentire le proprie ragioni (dalle più concrete e con evidenza scientifica alle più idealiste….) non singolarmente, ma come una voce comune che aggrega diversi interessi, diverse fasce d’età, differenti realtà di studi e professioni, accanto a molti singoli che cercano, in solitario ed in modi diversi, di godere del patrimonio naturale rimasto.

A chi è ancora capace di osservare e scovare la natura in mezzo a tanto territorio devastato e a chi ha ancora voglia di darsi da fare per cambiare le cose auguro una buona lettura, sicuramente allietata dai ritratti “vivi” di natura di Valerio Desideri.

Francesca Ruggeri